sabato 3 maggio 2008

Basta umiliazioni. Mani libere

E'sufficiente una sola disastrosa campagna elettorale persa, per pretendere dal proprio partito un radicale rinnovamento ai vertici? La risposta, ovviamente, è quantomai scontata: "Sì". E' la regola fondamentale della Democrazia, della politica e del vivere civile. Squadra che sbaglia, si cambia. Soprattutto se persevera per anni nell'errore. Punto.
Ma nel caso del PD, a motivare questa forte richiesta di rinnovamento proveniente da buona parte della cosiddetta base, c'è molto di più. Non solo 15 anni di fallimenti, di battaglie perse e guerre mai combattute. C'è anche l'umiliazione di aver dovuto sopportare nel silenzio più totale, le angherie e le prepotenze degli avversari: costretti com'eravamo dai nostri leader a non alzare i toni, a non demonizzare l'avversario, a non avvelenare il clima. A combattere insomma con le mani legate dietro la schiena, un nemico spietato e pronto a ogni minima bassezza. Ci hanno spiegato che in questo modo avremmo vinto, perché la gente avrebbe compreso la nostra intenzione di creare un clima disteso e sereno. E invece no. Siamo stati presi per il culo almeno tre volte: prima dai nostri leader che ci hanno obbligati a incassare, poi dai nostri avversari che ne hanno approfittato, e infine dagli elettori che hanno preferito essere governati da gente sì scorretta e spregiudicata, ma comunque determinata, piuttosto che da deboli e mansuete mammolette.

Ora, dopo 15 anni di umiliazioni, è giunta l'ora di dire BASTA. Ora la base si è rotta le palle di perdere per niente; di essere presa in culo; di incassare; di ingoiare veleno senza poter mai rispondere a muso duro, attaccando gli avversari anche nei loro punti più delicati e scoperti. Perché non solo tutto ciò è stato drammaticamente umiliante, ma anche politicamente ed elettoralmente fallimentare. A sinistra, tra la base, tra gli irriducibili difensori della Democrazie e della Repubblica, c'è voglia di combattere, di prendere posizione. Di avere le mani libere. Non per rispondere alle bassezze con altre bassezze. Ma quantomeno per tornare a difendere con i denti, col fuoco negli occhi, i valori in cui crediamo. Quei valori che ad oggi abbiamo sacrificato sull'altare del dialogo ad ogni costo, reprimendoli, fino a dimenticarli.